Ragionare intorno al dolore è stato l’esercizio culturale degli ultimi 10 anni.
L’analisi dei dati a disposizione, dimostra che non è stato abbastanza; ed il fatto che se ne parli di più non ha inciso più di tanto sulla sofferenza dei pazienti. Le Istituzioni, che in passato hanno brutalmente penalizzato le prescrizioni di terapie efficaci, stanno ora cercando di recuperare, sia sollecitando l’attenzione, sia stimolando l’uso di terapie appropriate. Indagini più recenti sulla prevalenza del dolore cronico, mostrano una fotografia sconcertante, confermando l’impatto devastante che il dolore cronico ha sulla vita delle persone che ne soffrono.
L’impatto che il dolore cronico sta avendo sulla quotidianità delle persone e la richiesta di ben essere che ne deriva, obbligano il clinico a confrontarsi ogni giorno con situazioni critiche, dovute alla complessità delle differenti sindromi che possono causare dolore ed alle differenti manifestazioni cliniche che il dolore assume.
In effetti, già dal 2001 l’Efic dichiarava che “benchè sia ragionevole considerare il dolore acuto un sintomo di patologie o lesioni, il dolore cronico e ricorrente rappresenta un problema sanitario specifico e una patologia a sé” .
Possiamo aggiungere che come patologia a se, il dolore cronico necessita di schemi di riferimento diagnostici e linee di comportamento terapeutico alla medesima maniera di qualunque altra malattia. Perdendo il significato di sintomo, il dolore cronico va affrontato con decisione, sapendo che a volte una completa assenza di dolore può restare un obbiettivo non realizzabile
Già dal 1979 la Società Internazionale per lo Studio del Dolore definiva il dolore come una “Sgradevole esperienza sensoriale ed emotiva, associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o, comunque, descritta come tale. Il dolore è sempre un’esperienza soggettiva.
Ogni individuo apprende il significato di tale parola attraverso le esperienze correlate ad una lesione durante i primi anni di vita. Sicuramente il dolore si accompagna ad una componente somatica, ma ha anche carattere spiacevole e, pertanto, risulta associato ad una forte carica emozionale”
In questo contesto definiamo come acuto quel dolore finalizzato ad allertare l’organismo sulla presenza di stimoli pericolosi o potenzialmente tali, presenti nell’ambiente o nell’organismo stesso. Prima di essere trattato va capito, interpretato e inserito nel corretto nesso fisiopatologico per una adeguata terapia della patologia causale.
Invece, dichiariamo essere cronico quel dolore che dura da più di 3-6 mesi, in cui la causa, semmai nota, può risultare poco aggredibile, ed è un dolore che comunque persiste nel tempo. La presenza continua instaura depressione, ansia e altri disturbi emotivi. Il dolore diviene sindrome autonoma con grosso impatto sulla vita di relazione e va trattato nel modo più tempestivo e completo possibile.