L’intuizione della utilità del blocco dei recettori adrenergici in medicina risale al 1964 con la nascita del primo beta bloccante: il propanololo. Da allora si sono succedute altre molecole con qualità intrinseca di beta blocco di sempre maggiore selettività e migliore tolleranza. L’utilizzo dei betabloccanti ha rivoluzionato sicuramente la storia della medicina clinica e si può ritenere sia stata una delle scoperte farmacologiche più importante del XX° secolo.
Mai in una sola molecola come nei betabloccanti si sono evidenziate proprietà farmacologiche differenti e tutte altamente efficaci. Essi sono tutt’oggi infatti favorevolmente utilizzati nel controllo delle aritmie, della cardiopatia ischemia, dello stato ipertensivo, dello scompenso cardiaco, dei disturbi cerebrovascolari e del metabolismo.
Un capitolo a parte è rappresentato dall’utilizzo dei betabloccanti nello scompenso cardiaco in quanto dalla scoperta iniziale e dalla successiva evoluzione si è trattato di una vera e propria rivoluzione culturale. Se all’inizio infatti il blocco dei recettori adrenergici sembrava rappresentare un fattore sfavorevole nei soggetti con scompenso, successivamente esso si è dimostrato come una pietra miliare nel ridurre mortalità, eventi cardiovascolari e riospedalizzazioni.
Dopo il propanololo, molecole come il nadololo, carvedilolo metoprololo, bisoprololo, nebivololo sono state efficacemente utilizzate, con impronta sempre più selettiva e con meno effetti collaterali.
La selettività e la riduzione degli effetti collaterali hanno permesso di utilizzarli efficacemente in modo più estensivo in pluri-patologie.
Dalle consolidate evidenze dei trial sui betabloccanti si può oggi fare una scelta ragionata tra i betabloccanti stessi e sul loro corretto utilizzo.
La storia dei betabloccanti, iniziata oltre 50 anni fa, probabilmente non è ancora conclusa ed è possibile che essi possano ancora più ampiamente essere utilizzati nella pratica clinica.
Questo WEB‐ convegno ha lo scopo principale di offrire al medico un pratico aggiornamento su un trattamento farmacologico pur non recente ma sempre attuale e di confermata efficacia nella pratica clinica quotidiana. Sapere dunque utilizzare al meglio questa risorsa farmacologica non potrà che riflettersi su un miglioramento dello stato di salute dei pazienti, un aumento della loro sopravvivenza, una migliore qualità di vita degli stessi e, da un punto di vista socio‐sanitario, una migliore finalizzazione delle risorse disponibili.