Storicamente, nella farmacologia clinica, i criteri di scelta di una specifica molecola a fronte di una necessità terapeutica si fondano su due importanti pilastri:
- Efficacia documentata verso altre terapie, a parità di effetti collaterali.
- Migliore tollerabilità per più bassa incidenza di effetti collaterali, a parità di efficacia.
Pur avendo valore universale, in alcune aree terapeutiche questi criteri primari non sono sufficienti per guidare la scelta tra le diverse molecole a disposizione. In particolare, nella scelta di una terapia analgesica oppiacea, questi parametri non portano a risultati decisivi in quanto nessun analgesico oppiaceo ha dimostrato di essere superiore agli altri in termini di efficacia né avere un miglior profilo di tollerabilità a parità di dosaggio equivalente.
Sappiamo come ai precedenti criteri, nel tempo, se ne sono aggiunti altri:
- il costo, che per quanto non rappresenti un criterio clinico sta diventando una necessità nell’ambito della razionalizzazione delle risorse nella Sanità
- l’aderenza alla terapia, che rappresenta una delle prime cause di insuccesso o di eventi avversi
- la variabilità genetica
- le interazioni tra farmaci
Ci occuperemo adesso particolarmente degli ultimi due argomenti esaminandone le cause, il ruolo, l’entità e quali condizioni, cliniche e non, ne favoriscano l’instaurarsi, in funzione di una risposta attesa che sarà disattesa e di eventi avversi inattesi che, in certe condizioni, sarà bene attendersi.